Il dialetto bergamasco incuriosisce da sempre l'ascoltatore sia per le particolari sonorità, sia per le numerosissime espressioni curiose e divertenti che lo caratterizzano.
I dialetti della Lombardia condividono diversi aspetti legati alla derivazione comune dal latino volgare innestato su radici celtiche, eppure il Bergamasco è da sempre ritenuto un dialetto difficilmente comprensibile a causa della sua fonetica molto stretta, in particolar modo per quanto riguarda le numerose varianti montane.
Il nostro dialetto racchiude, nei coloriti modi di dire e nelle antiche locuzioni stampateci nella memoria da nonni e genitori, suggestive testimonianze di storia, cultura e tradizione della terra bergamasca. Per aiutare i nostri lettori ad apprezzarle, e per preservare questa preziosa identità, ospitiamo con soddisfazione la rubrica "Dighèt del bù?", il cui significato letterale è "dici davvero?" o - in assonanza con il nostro portale - "dici sul serio?". La rubrica è curata dallo stimato Professor Giuliano Todeschini, direttore del periodico locale L'Eco del Sapèl Né e profondo conoscitore della storia e della cultura bergamasca.
Forse bisognerà scavare un poco nella memoria per ritrovare alcuni termini dialettali ormai resi obsoleti da locuzioni che sembrano più “moderne” o più alla moda. Non è detto che ciò sia più significativo di quanto si usava una volta. Allora voglio proporvi alcune affermazioni che mi sono venute alla mente pensando a quando ero bambino e, a volte, passavo il pomeriggio a casa della cara nonna materna.
Trattiamo oggi dei modi di dire dialettali a proposito delle bugie. "Chi non ha mai detto una bugia nella sua vita?" Penso che non vi sia uno che possa azzardarsi ad alzare la mano, non fosse altro per il fatto di essere creatura di questo mondo. È naturale che incorra in questa singolare situazione.
Che cosa intrigante sono i proverbi dialettali! Non per niente hanno attirato la curiosità di antropologi e di linguisti, di sociologi e di moralisti. Si dice rappresentino il distillato della saggezza popolare, ma vi è chi non li apprezza affatto, li trova generici e contraddittori osservando che non ce n’è uno che non abbia il suo contrario. Osservazione accettabile, ma forse proprio qui risiede la loro saggezza: sono contraddittori come la vita, perché la rispecchiano.
È risaputo come l’aneddotica popolare sia ricca di svariati modi di dire che, seppur nella loro semplicità e ironia, contengano significativi insegnamenti di vita. Ve ne voglio segnalare tre che riguardano il fare il proprio mestiere.
“Pastisèr, fà ol tò mestèr” (pasticcere, fai il tuo mestiere).